Sono solo, braccato come un cane e non mi muovo.
Se abbaio muoio
serro i denti e resto prono mentre il suono dell'angoscia sale e mi fa male
sottile come un tacco a spillo
mi buca il cuore e sanguino
lacrime che urlano come megafoni che non si fermano e violentano il buio che mi benda.
Un buio morbido,
simile a una tenda di meduse che mi accarezza il viso come un frullo d'ali
Percepisco sguardi ostili di animali affamati di terrore che mi scrutano
e dalle nebbie dei ricordi ritornano e mi azzannano l'anima in un sadico gioco
ed io divento topo in una muta di gatti.
Nudo, come un coleottero in cima a una forchetta aspetto
ma il boia non ha fretta
e intanto affila l'ascia sull'angoscia che mi tiene stretto a sè come una mantide gelosa del suo pasto,
che mi congela il sudore in gocce d'alabastro incastonate nella fronte,
che s'insinuano dentro di me, profondamente come schegge di parossismo irrazionale
e non c'è legge che mi possa governare perché sto a impazzire...
perché sto a impazzire...
Come un ossesso oscillo il capo lentamente,
da parte a parte, come gli orsi negli zoo
e in un delirio io mi sento soffocare.
L'adrenalina sale in un flash e spalanco le ganasce in un grido silenzioso,
e l'angoscia di colpo si mette a riposo
perché c'è la morte, di cuoio, con una frusta...
Ingoio la saliva e me la gusto... e se questa dunque deve essere la mia ora dico:
prego, dopo di lei Signora...